BRAD MEHLDAU – piano

CHRIS THILE - mandolin / vocals 

Se, come dice  il poeta “la vita è l’arte dell’incontro”l’incontro tra Mehldau e Thile è arte pura. Un progetto sospeso… nel futuro che mette insieme una delle menti più libere e affascinanti della storia del jazz contemporaneo ed un virtuoso del mandolino che ha saputo mettere questo antico strumento al servizio della contemporaneità intesa come un folgorante abbraccio tra Bach ed i Radiohead. Un concerto che gioca con la complessità regalando geometrie soavemente fruibili anche per un bambino, un pianismo armonico ed introspettivo adagiato sui tappeti onirici del mandolino.        

BRAD MEHLDAU (Jacksonville, 23 agosto 1970) - Pianista di formazione classica, ben presto convertito al jazz, è salito alla ribalta giovanissimo, negli anni 90 quando il grande sassofonista Joshua Redman lo ha chiamato nel suo quartetto. Sviluppando originalissime traiettorie ha ben presto intrapreso una carriera autonoma formando un proprio trio. Da subito battezzato “come emulo del grande Bill Evans” questo jazzista ha rapidamente spiccato il volo verso la glorificazione della critica (nel 2004 Down Beat lo ha premiato come miglior pianista jazz) e del pubblico internazionale non solo del  jazz. Mehldau in questo percorso verso la maturità è stato capace di spaziare senza barriere sia nella composizione che nei live proponendo quelli che molti hanno definito il “suo jazz” fatto di composizioni originali, colonne sonore per il cinema, standard, ed arrangiamenti in ogni direzione da Nick Drake ai Radiohead. 

CHRIS THILE (Oceanside, 20 febbraio 1981) - Ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi virtuosi del mandolino di ultima generazione, enfant prodige vincitore di premi in giovanissima età è conosciuto soprattutto come cantante e mandolinista della band di musica acustica Nickel Creek. La sua band attuale è Punch Brothers, con la quale ha pubblicato il suo album più recente, Punch. Ha all'attivo cinque album da solista, debuttando con Leading Off nel 1994. Chris ha collaborato con importanti artisti come Mike Marshall, Béla Fleck, Glen Philips ed Edgar Meyer. L’incontro con Mehldau suggerisce evidentemente il mondo musicale che Thile preferisce e colloca questo singolare esperimento nell’alveo di una contemporaneità che sempre più troverà stimolo nell’abbattimento di tutte le barriere di genere e stile.

 

 

TAYLOR Mc FERRIN

Figlio del leggendario Bobby McFerrin, Taylor è produttore, musicista, beat-boxer, dj e live performer con base a Brooklyn. Dopo una serie di EP con cui ha messo in luce il suo grande talento, ora si appresta a pubblicare il suo primo album "Early Riser" su Brainfeeder Rec etichetta di Flying Lotus.

Lo stile musicale di Taylor è equamente influenzato dalle leggende del Soul degli anni 60s/70s, dai moderni beat-maker, così come dal free form jazz e dalla musica elettronica. Suonando tutti gli strumenti nelle sue produzioni, ma anche campionando e sminuzzando i suoi stessi suoni, ha trovato un originale percorso che collega senza soluzione di continuità una miriade di mondi musicali e attira l'ascoltatore in un paesaggio sonoro in costante mutamento.

 

 

JUANA MOLINA TRIO

"A deeply original and visionary artist" - Rolling Stones

David Byrne l’ha definita la Bjork del sudamerica, il New York Times l’ha tenuta a lungo nella sua top ten.

Juana Molina, poco conosciuta da noi, è una delle più importanti novità atterrate sulla scena musicale dei nostri giorni. Nata in Argentina, è cresciuta in una famiglia di artisti. Suo padre Horacio Molina, venerato cantante di tango e compositore e sua madre, l'attrice Chunchuna Villafañe le regalano un grande amore per la musica, per tutta la musica. Nell’esilio parigino dal golpe dei militari incrocia le musiche possibili ma al suo ritorno in Argentina il successo le arriva come acclamata star televisiva conduttrice del programma comico di punta della tele Argentina. Dopo sette anni con coraggio abbandona il suo show di successo e si catapulta nella musica, e come per incanto i suoi tre dischi incisi per la “Domino Records” la incoronano come una delle grandi rivelazioni della scena indie/elettronica. Il suo disco “Tres Cosas “entra anche nelle classifiche americane  con grandi tour in giro per mezzo mondo. Le sue esibizioni dal vivo emanano fascino: chitarra acustica, loop, effetti on-the-fly creano un suono a tratti lussureggiante all’interno di una esperienza che anche visivamente è molto coinvolgente.

 

 

BEN FROST

La nuova elettronica ha trovato in Ben Frost uno dei suoi interpreti più sensibili e celebrati tanto da riuscire ad imporsi grazie alla ricchezza dei suoi interessi: con “AURORA” presenta la sua ultima avventura nel suono, tra percussioni, guerre e Africa. Tipo curioso Ben Frost, nel vero senso della parola, cioè di inquieto ricercatore spinto dalla curiosità: australiano residente in Islanda, per la sua musica si è ispirato al minimalismo sinfonico americano quanto al rock progressivo ed al punk. Nella sua carriera ha realizzato dischi originali, ma si è anche ispirato a film e romanzi (“Solaris” ad esempio), ha poi creato colonne sonore per cinema (come per “Sleeping Beauty” di Julian Leigh), musica di scena per balletti e perfino curato la regia di un adattamento teatrale del romanzo di Lain Banks “La fabbrica degli orrori”. La sua ultima avventura, “AURORA”, nasce da un lungo soggiorno in Congo nel 2012 assieme al video artista Richard Mosse che voleva documentare il sanguinossissimo conflitto in corso nel paese africano. In questo clima nasce “AURORA”, scritto inizialmente su un computer portatile e poi sviluppato e inciso nel 2013 con Greg Fox, Shahzad Ismaily, e Thor Harris, batterista degli Swans. A differenza del passato qui non ci sono chitarre: ad animare l’elettronica di Frost stavolta è la forza e l’energia delle percussioni, un dissimulato amore per la musica africana, probabilmente retaggio del suo soggiorno in Congo e della sua collaborazione con Brian Eno, di cui è stato discepolo nel Rolex Mentors and Protégés Initiative. Pur diviso in vari brani, “AURORA” si presenta come un’unica arcata al cui centro troviamo “Venter”, ispirato al biologo e imprenditore statunitense Craig Venter, che con la sua équipe ha per primo pubblicato la sequenza del genoma umano, vale a dire la radice della vita come pulsazione profonda tra echi di guerra e la grande madre Africa.

 

 

PEARSON SOUND (David Kennedy)

Che sia  Pearson Sound o Ramadanman, nel marasma della musica elettronica questi nome/i negli ultimi tempi evocano i percorsi più innovativi di questo genere musicale.

Nonostante la sua fama sia  principalmente dovuta al contributo da lui dato al fenomeno della cosiddetta “post–dubstep”, risulta alquanto arduo definire con precisione i contorni del profilo artistico di David Kennedy, 22 anni di Leeds: Autore di colonne sonore (sua la  soundtrack di Cadencià il fim sul calcio brasiliano con la regia di Daren Bartlett commissionato dalla Nike) ardito produttore, Deus ex-machina dell’imprint dell’etichetta cult Hessle Audio (Panagea,Ben Ufo) ed ovviamente Dj giramondo. Nonostante la sua giovanissima età David va affermandosi come un brillante Guru della dance contemporanea. Con remixes per artisti del calibro di Jamie Woon, Howie-B, Beat Pharmacy, D-Bridge, Untold e Scuba e uscite su label come Tempa, Applepips, Fat City ed Aus Music, non è difficile prevedere quale sarà il futuro di questo giovane artista.

 

 

MISTER WITXES

Mister Witxes è un'entità sonora schiantatasi contro la musica pop in maniera  singolare. Progetto schizofrenico, femminile, plurale, ha trovato la sua strada bilanciando improvvisazione e puntigliosa ed appassionata ricerca. Tessiture scintillanti, roaming, deliranti per dare vita a spazi melodici alimentati da paesaggi sonori immaginifici, accanto ad  echi lontani dove ognuno può trovare il suono adatto per i suoi sogni. Negli ultimi 3 anni, Witxes si è esibita in giro per l’Europa con Tim Hecker, The Haxan Mantello, Chelsea Wolfe, Bohren & der Club of Gore, Barbagianni, Julianna Barwick, BJ Nilsen, ecc ed ha pubblicato due album con la prestigiosa etichetta tedesca Denotali.

 

 

 DALE COOPER 4tet & Dictaphones

 Uno pensa alla Bretagna e comincia a visualizzare venti freddi, ruderi di abbazie, echi di onde che s'infrangono su lontane scogliere. Le stesse immagini  sono spesso evocate nella musica dei D.Cooper. Nei loro suoni si fondono su basi jazz, elementi inconsueti per questo genere, trip-hop,chitarre distorte ed a volte quella che può sembrare una nenia psichedelica adagiata su trame di archi, in grado di portare lentamente l'ascoltatore in uno stato d'ipnosi con atmosfere prive di strutture convenzionali. Legati alla geniale, quanto lungimirante etichetta Denovali, ci troviamo di fronte ad un gruppo di straordinario valore, per loro si sono sprecati superlativi assolatissimi e per il loro ultimo lavoro discografico in molti hanno gridato al disco perfetto, al capolavoro senza tempo: una monumentale amalgama di jazz, impro, ambient, dark-wave e memorie cosmiche. Qualcosa di impensabile e indefinibile, insomma, qualcosa che va oltre. Colonne sonore per film mai realizzati “partenza dal cosmo atterraggio sul suolo lunare, deflagrazioni sfumate fra arpeggi delicati con annessa luminosissima scia in dissolvenza…”

 

 

RUDRESH MAHANTAPPA 4 tet

Rudresh Mahanthappa, alto sax, Rez Abbasi, fretted and fretless guitar ,

Rich Brown electric bass, P.Marcus Cantarella , drums

Premiato dalla Downbeat International Critics Poll come musicista e compositore più innovativo, nominato per cinque anni di seguito (2009-2013) come “Alto Saxophonist of the Year”. Rudresh (residente a NYC, di origini indiane) incorpora la cultura ancestrale dell’India fusa con una miriade di influenze che compongono una originalissima e personalissima visione artistica. Il suo ultimo prgetto “GAMAK”è la sintesi che coniuga il jazz in una chiave dove oriente ed occidente convivono amabilmente. Un’idea che va’ affermandosi come una tendenza sempre più presente nella grande mela. Il jazz (anche attraverso movimenti come il B.A.M.) respira un’aria nuova e  si confonde tranquillamente  anche con culture molto lontane  come quella indiana. Ormai da qualche anno Rudresh è uno dei simboli più significativi di questa inversione di tendenza ed il suo grande successo anche fuori dai confini USA testimonia la smania di ridare al jazz l’originale valore di musica “fuori dalle regole””out of mainstream”. Rudresh spiega:GAMAK ha al suo interno il jazz nella sua forma più “sacra”, ma accanto vi è progressive rock, heavy metal, country, tradizione indiana, cinese, africana ed indonesiana. Il risultato finale sfugge ad ogni categoria e propone strade che non si potranno più abbandonare nella musica del futuro.

 

 

MUSIC FOR JAPANIMAGES by Mike Zonno

MIYAZAKI & HISAISHI & KITANO (Howl's Moving Castle - L'estate di Kikujiro)

Nico  MARZILIANO - Pianoforte 

Gianfranco  BALENA - Sax/EWI/Loop and MIDI Programming

Mike ZONNO - Bass 

Beppe  BRIZZI - Percussioni&Drums

Questo concerto che viene prodotto in occasione di questa edizione di Time Zones nasce dalla mente dell’eclettico contrabbassista barese Mike Zonno. Una dichiarazione d’amore per il cinema giapponese ed in particolare per questi due straordinari creatori di immagini che sono Hayao Miyazaki e Takeshi Kitano e per il loro appassionato compagno di strada Joe Hisaishi autore di molte delle musiche per queste immagini. La musica di questo pianista e compositore giapponese è stata infatti il supporto ideale sia per il mondo real/fantastico dei film d’animazione di Miyazaki che per quel cupo e tenero mondo che Kitano ha costruito con il suo cinema. L’eco di un mondo classico incastonato nei suoni della tradizione nipponica sono la cifra stilistica che ha decretato il grande successo di questo compositore. A reinventare questi suoni (in particolare quelli di Il Castello errante di Howl e L'estate di Kikujiro) per questo concerto alcuni grandi signori della musica pugliese: accanto all’esuberanza creativa del contrabbasso, al soldo di tutte le musiche possibili di Mike Zonno, il raffinatissimo e sensibile piano di Nico Marziliano, il talento visionario del grande sassofonista che risponde al nome di Gianfranco Balena, ed il delicato tappeto delle percussioni di Beppe Brizzi.

 

 

CAVERN OF ANTI-MATTER (STEREOLAB )

Il progetto Cavern Of Anti-Matter è l’evoluzione contemporanea di una delle band più intelligenticomparse sulla scena rock degli anni 90: gli STEREOLAB annoverano infatti la mente Tim Gane e il batterista storico Joe Dilworth, oltre a un tastierista elettronico (Holger Zapf), e da alla luce “Blood Drums”, una collezione di vari stili e calligrafie, spesso accomunati dal battito dei Neu, un boogie robotico dal trattamento maniacale dei timbri elettronici, inno aurorale per tastiere da chiesa.

Il disco è suddiviso grosso modo in aree piuttosto distinte. C’è anzitutto la techno stile Kraftwerk in “Invocation Melodie in C”, in “Sound-Magic’s Death-Ray” e  “Strawberry Dust”. Il motorik, in forma ormai disinnescata e quasi gioviale, irrora “Irridated Dream Mouth” e “Movin’ on Static”; “Acid Death Picnic” è più propulsiva e un attimo più coraggiosa.  Si va poi dal pattern minimalista elettronico di "Hot Electric Insect" ai beat molto vibranti di "Lament For Cement". Degli Stereolab resta integra l'originalità ed una propensione costante alla ricerca di nuovi mondi sonori ed un live sempre molto efficace.

 

 

MICHELE FAZIO trio

MICHELE FAZIO trio Marco Loddo contrabbasso, Emanuele Smimmo batteria

Michele Fazio (Bari 27 aprile 1963) da anni residente a Milano è un pianista dal tocco gentile ed intenso, un compositore nato nel jazz, ma ormai da tempo dedito anche alla composizione di musiche per il cinema e per il teatro. Vanta inoltre collaborazioni nelle band di noti personaggi della canzone italiana e non solo (P. Pravo, A.Ruggiero, G.Grignani, F.Concato,R.Jones, J.Emeline e Mick Abrahams dei Jetro Tull). Esordio discografico nel 2000 con “Percorsi” a cui segue nel 2005 “Waves”. La consacrazione e la maturità arrivano però nel 2011 con "Visione Passeggera" disco in piano solo registrato nei Rambow Studios di Oslo, dove sono stati prodotti i migliori lavori targati ECM. Una raffinata ed appassionata immersione nella musica di frontiera dove jazz e classica si confondono fino a rendere impercettibili le differenze. Questa musica accompagnerà poi  la piece teatrale ”A Cuore Aperto”  dell’amico di sempre Sergio Rubini. In questo 2014 arriva “L’Acrobata” una coraggiosa riflessione in trio sulle nuove strade del jazz italiano. Il live di Bari segna il ritorno a casa di Fazio una sorta di prima sul filo teso… 

 

 

MARC RIBOT TRIO (CHAD TAYLOR, HENRY GRIMES)

Marc Ribot (Newark 21 maggio 1954) è uno dei più versatili chitarristi della scena internazionale, è un artista eclettico e versatile. Il suo stile e il suo suono hanno ammaliato numerosi musicisti come Jack McDuff e Wilson Pickett come Tom Waits (15 anni di sodalizio), Elvis Costello, Marianne Faithfull e John Zorn. La sua storia è costellata di arditi esperimenti condotti in ogni direzione musicale. Ironia declinata con talento ed intelligenza come l’avventura con “Los Cubanos Postizos” nei live nell’esecuzione dei suoi brani e nell’improvvisazione sia con la chitarra acustica che con la chitarra elettrica affiora accanto alla sua lunga esperienza, “un raffinato vigore” che ammalia, un incedere ipnotico che stordisce ogni tipo di pubblico.

Chad Taylor (Arizona 19 marzo 1973) è un drumming  leader, che padroneggia un linguaggio aperto dove convivono fuoco e delicatezza, relax e dinamismo. Colori impressionistici intervallati a frenetici up-tempo latini sono alcune delle carte vincenti di una formazione superbamente espressiva, propulsione e fluida improvvisazione con il piglio che hanno solo i grandi musicisti. Un percorso di grande jazz, dove la versatilità si accompagna alla passione ed alla fantasia, arrivando ad alternare alle serrate scansioni avanguardistiche il Brasile carnascialesco e l'hardbop più infuocato con una intensità davvero rara. 

Henry Grimes (Philadelphia 3 novembre 1935) per parlare di questo grande contrabbassista (ha suonato con C.Mingus,T.Monk, A.Ayler, B.Goodman) bisogna far ricorso alle pagine di cronaca, in quanto Henry Grimes è per tutti l mito del jazz tornato dal silenzio. Scomparso nel 1973 da New Yorkfino a 10 anni  fa, molti credevano che fosse morto, altri che si nascondesse sotto falso nome. Era invece finito a Los Angeles dove si manteneva con grande difficoltà facendo l'operaio e dormendo anche per strada. Distrutto dai farmaci, ha vissuto nel vuoto e nella depressione per quasi trent’anni. Lo ha rintracciato un assistente sociale 10 anni orsono, ed è la storia di una resurrezione che ha riportato questo grandissimo contrabbassista a calcare i palcoscenici di tutto il mondo con un tocco ed una sapienza che continuano a raccontare il cuore più autentico del grande jazz..

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